
Amarti in una clessidra di Angela Caputo – Quando il tempo diventa amore, ricordo e possibilità
“È possibile tornare indietro nel tempo per cambiare il destino di un amore? E se sì, siamo davvero pronti a riscriverlo?”
Con questa domanda sospesa in aria come granelli in una clessidra, Angela Caputo ci introduce in un viaggio narrativo che va ben oltre la semplice storia d’amore. Amarti in una clessidra, edito da Atile Edizioni , è un romanzo profondo, poetico e sorprendente, che parte dall’intimità lacerante di una crisi sentimentale per aprirsi a una riflessione più ampia, dove l’amore, il tempo e l’identità diventano i tre pilastri di un’indagine tanto letteraria quanto psicologica.
L’opera si distingue per la sua capacità di trasformare il dolore in consapevolezza e la perdita in risorsa. Il lettore si trova immerso nella psiche della protagonista, Dafne, una donna fragile e al tempo stesso resiliente, che porta i segni invisibili di una relazione tossica e che cerca nel tempo – reale o simbolico – la possibilità di riscrivere se stessa. La narrazione mette a nudo i meccanismi più intimi della mente umana: il rimpianto, la ruminazione mentale, il bisogno di controllo, la difficoltà a lasciar andare ciò che ci ha ferito, ma che paradossalmente continuiamo ad aggrapparci.
La clessidra, oggetto apparentemente semplice, diventa così il fulcro di un conflitto interiore: il desiderio di tornare indietro per correggere gli errori si scontra con la consapevolezza che il cambiamento, se autentico, deve avvenire nel presente, non nel passato. È proprio qui che il romanzo svela il suo volto psicologico più profondo: racconta un’elaborazione emotiva, quasi una terapia narrativa in cui ogni granello di sabbia che scorre rappresenta un passaggio, una fase del lutto, una possibilità di rinascita.
Angela Caputo riesce, con estrema delicatezza e precisione, a dare voce ai tormenti dell’anima femminile, esplorando temi come l’autostima compromessa, il senso di colpa, la ricerca di un’identità autonoma dopo la dipendenza affettiva. Il lettore assiste così a un’evoluzione interiore che non ha bisogno di colpi di scena eclatanti, ma che si costruisce giorno dopo giorno, pensiero dopo pensiero, con la forza silenziosa della verità emotiva.
Amarti in una clessidra è, in definitiva, un romanzo che non si accontenta di narrare l’amore: lo analizza, lo mette in discussione, lo decostruisce fino a mostrarne l’essenza più autentica. Ed è in questo gesto di coraggio, in questa esposizione emotiva sincera, che il lettore può riconoscere un pezzo della propria storia e, forse, trovare conforto e ispirazione per affrontare la propria clessidra interiore.
L’autrice
Angela Caputo è nata a Giarre (CT), tra le pendici dell’Etna e il mar Jonio, e vive a Sacile (PN). Laureata in Lettere Classiche, è insegnante, giornalista pubblicista, editor, correttrice di bozze e ghostwriter. La sua passione per la storia, in particolare per la Seconda Guerra Mondiale e la Shoah, traspare anche nei riferimenti storici dell’opera. Con questo romanzo, l’autrice prende simbolicamente il volo con la sua voce narrativa autentica e intensa.
Trama e simbolismo
La protagonista del romanzo è Dafne, una trentenne sospesa tra ciò che è stata e ciò che potrebbe diventare. La sua esistenza si svolge in una quotidianità che ha perso colore: il lavoro part-time in libreria, gli studi per un master impegnativo, una famiglia soffocante e un cuore ancora intrappolato nei postumi di una relazione tossica con Mario, il suo ex. Dafne è una donna ferita, ma non spezzata: il dolore che porta dentro di sé si riflette in piccoli gesti quotidiani, in quell’insonnia che la tiene sveglia, nei pensieri ricorrenti, nei sensi di colpa e nei tentativi di costruire una nuova identità partendo dalle macerie.
La sua mente è un labirinto emotivo: ogni ricordo di Mario è un varco che riapre vecchie ferite, ogni gesto della madre è un promemoria della gabbia affettiva da cui vorrebbe fuggire. È una donna in cerca di un punto di appoggio, di un’àncora che le permetta di ricostruirsi senza rinnegarsi. Eppure, proprio quando tutto sembra destinato a scorrere come la sabbia in una clessidra che non si può fermare, il destino le presenta due figure decisive: Andrea, ragazzo gentile e disponibile, che le offre il conforto di una presenza nuova e rispettosa; e Maurizio Perdonati, detto Arcano, un enigmatico professore di fisica e filosofia, il cui carisma e profondità intellettuale spalancano alla protagonista un orizzonte inatteso.
Attraverso il personaggio di Arcano, la narrazione prende una svolta audace, introducendo un elemento fantastico che dà nuova linfa al racconto: una clessidra speciale, frutto di studi scientifici e riflessioni esistenziali, che permette di tornare indietro nel tempo. Non è solo un espediente narrativo, ma un simbolo potente del desiderio umano di riavvolgere il nastro, di correggere gli errori, di vivere di nuovo ciò che è stato perso o rovinato. Per Dafne, questa possibilità è anche una metafora: tornare indietro non per cambiare il passato, ma per osservare se stessa da un’altra prospettiva, per imparare a lasciar andare e, finalmente, rinascere.
La clessidra diventa così il fulcro simbolico ed esistenziale dell’intera narrazione. Oggetto solo in apparenza banale, rappresenta il tempo che sfugge, la memoria che pesa, la vita che chiede coraggio. È uno strumento di riflessione interiore: ogni granello di sabbia che scende è un momento vissuto, un dolore sedimentato, una scelta compiuta o rimandata. Il vero viaggio nel tempo non è quello fisico, ma quello interiore, quello che ci obbliga a confrontarci con la nostra fragilità, a guardare in faccia le emozioni scomode, a rompere i meccanismi ripetitivi del rimpianto, della dipendenza affettiva, dell’autoinganno.
Dafne compie un cammino psicologico delicato e complesso: attraversa le fasi del lutto amoroso, dalla negazione alla rabbia, fino all’accettazione; lotta contro il senso di colpa e la svalutazione di sé, ma anche contro una società che spesso banalizza il dolore femminile e idealizza l’amore come salvezza. La sua ricerca di senso è una lenta ricostruzione dell’autostima, un tentativo di riconnettersi con il proprio corpo, con il proprio desiderio, con una nuova idea di futuro. Non è un’eroina, ma una donna vera: imperfetta, stanca, ironica, a tratti caotica, ma profondamente umana.
La vera magia del romanzo non è nella clessidra come macchina del tempo, ma nella narrazione come terapia, nella parola scritta che cura, nella memoria che si trasforma in forza. Attraverso la figura di Arcano e i dialoghi filosofici con lui, il libro ci invita a riflettere sul libero arbitrio, sul valore delle scelte, sul confine tra ciò che possiamo cambiare e ciò che dobbiamo accettare.
Possiamo davvero cambiare il nostro passato? O è nell’oggi, in ogni piccolo gesto di consapevolezza, che nasce la vera possibilità di riscriverci? È questa la domanda centrale del romanzo, e la risposta non è mai semplice. Ma in quel lento scorrere della sabbia, nella sua caduta inesorabile, si nasconde anche la speranza: che ogni granello, ogni istante, possa essere il primo passo verso la nostra rinascita.
Temi centrali
💔 L’amore e le sue ferite
Il romanzo esplora i resti di un amore tossico, segnato da illusioni e manipolazioni. Dafne attraversa il dolore della perdita e la disillusione, per poi riscoprirsi più forte.
⌛ Il tempo e le sue pieghe
Il tempo, misurato da una clessidra, diventa protagonista. L’idea che si possa tornare indietro per correggere le scelte passate apre interrogativi profondi sulla responsabilità, sul destino e sull’identità.
🧠 Filosofia, scienza e introspezione
I dialoghi con Arcano non sono solo parte della trama, ma vere e proprie riflessioni filosofiche. Il libro intreccia riflessione esistenziale e scienza con una delicatezza rara nella narrativa contemporanea.
📚 La cultura come salvezza
Dafne è una lettrice appassionata, e la letteratura diventa rifugio e risorsa. Tra citazioni mitologiche (non a caso si chiama come la ninfa greca) e riferimenti storici, il romanzo è anche un omaggio al potere della parola scritta.
Stile narrativo
Angela Caputo utilizza uno stile fluido, intimo e lirico. Il romanzo è narrato in prima persona, con una voce viva, empatica e autentica. Le emozioni di Dafne arrivano al lettore in modo diretto, senza filtri, e i passaggi più riflessivi non scivolano mai nell’astratto, ma rimangono ancorati alla vita vera.
Particolarmente riuscita è l’alternanza tra il tono ironico delle scene familiari e quello dolce-amaro delle riflessioni interiori. La scrittura di Caputo è colta, ma accessibile: una narrazione che accarezza e graffia, come la vita.
Un omaggio alla memoria
Il romanzo si apre con una dedica ai milioni di deportati nei campi di sterminio. L’autrice ricorda il campo di Ferramonti di Tarsia, unico luogo in cui si sviluppò una coscienza collettiva e un senso di umanità nel mezzo della barbarie. Questo riferimento non è solo una parentesi storica, ma un filo etico e simbolico che attraversa il romanzo, ricordando quanto il passato – individuale e collettivo – ci definisca.
Recensione di Davide Cipollini
Amarti in una clessidra è un romanzo che sorprende e conquista lentamente, come il tempo che scorre nella sua clessidra simbolica. Parte come il racconto di un amore finito, si apre al fantastico con una visione originale del viaggio nel tempo, e approda infine a una riflessione filosofica sulla libertà, sull’identità e sul significato autentico del cambiamento.
È un’opera che si legge con il cuore in mano e la mente vigile, capace di commuovere, interrogare e – soprattutto – lasciare una traccia. Angela Caputo ci regala un testo che non si limita a raccontare una storia, ma accompagna il lettore in un cammino emotivo, introspettivo e simbolico.
Per chi è alla ricerca di una lettura che non si accontenti di intrattenere, ma voglia anche scavare nelle pieghe dell’anima, Amarti in una clessidra è un piccolo scrigno da capovolgere, pagina dopo pagina, lasciando che ogni granello di parola diventi occasione di rinascita.