Andata e ritorno di una ragazza pisana – Un viaggio poetico tra sogno, trauma e rinascita

Andata e ritorno di una ragazza pisana – Un viaggio poetico tra sogno, trauma e rinascita

Recensione di Davide Cipollini

Ci sono libri che si leggono e libri che si attraversano. Andata e ritorno di una ragazza pisana, di Elisa Citti, è decisamente uno di questi ultimi. Un’opera che non si accontenta di raccontare una storia, ma ci invita a compiere un’esperienza interiore, visionaria, corporea. Non ha un titolo urlato in copertina, ma ogni pagina è un grido silenzioso che esplora i margini più intimi dell’identità femminile, del trauma, della guarigione.

La protagonista – volutamente anonima – è una giovane donna in bilico tra memoria e futuro, prigioniera di un passato che non riesce a lasciare andare eppure assetata di libertà. Cresciuta in un contesto familiare soffocante, silenzioso, in cui le emozioni venivano censurate e la voce femminile ridotta al sussurro, intraprende un cammino di rottura e rigenerazione.

Il primo gesto simbolico è l’arrampicata su un monolite, vertiginosa sfida alle imposizioni e ai divieti. Ma è solo l’inizio. Da lì, l’intera narrazione si trasforma in una vera e propria discesa negli inferi dell’inconscio: la protagonista si smarrisce in un mondo sospeso tra sogno e allucinazione, popolato da fate tondeggianti e funghi parlanti, tunnel di luce e ferite ancora aperte.

Ed è qui che l’opera di Elisa Citti rivela la sua forza: Andata e ritorno non è solo un romanzo di formazione, ma una fiaba terapeutica, un diario esistenziale, un poema psicanalitico. Un testo fluido che fonde introspezione e narrazione, poesia e simbolismo, con una scrittura che alterna il lirismo delicato a colpi di cruda verità.

La dimensione psicologica è il cuore pulsante del romanzo. La protagonista soffre di un malessere interiore stratificato, che affonda le radici nell’infanzia, nelle aspettative sociali, nei ruoli imposti e nella paura di non essere mai abbastanza. Questo disagio prende corpo in una forma di dissociazione narrativa: la realtà si frammenta in visioni, sogni lucidi, dialoghi immaginari, ma rivelatori.

Il corpo diventa allora il vero narratore della storia. La pancia, dolente, viva, è voce autonoma, messaggera di una verità che la mente ha sepolto. In una delle sequenze più potenti del romanzo, la protagonista smette di combattere quel dolore e inizia a dialogarci, scoprendo che è proprio lì, in quel luogo taciuto, che si trova il centro del suo essere.

L’uso del fantastico non è evasione, ma terapia. Ogni creatura incontrata nel percorso onirico ha una funzione simbolica: le fatine rappresentano la fiducia e la cura incondizionata, i funghi la diffidenza e la paura del diverso. Mario, figura d’amore e di abbandono, incarna la contraddizione più intima del desiderio: voler essere visti e temere di esserlo davvero.

Il testo è costruito come un ciclo psicologico di morte e rinascita: caduta, crisi, buio, ospedale, risveglio. Una struttura che richiama i riti iniziatici, ma che è anche profondamente attuale per chiunque abbia vissuto la frattura di un trauma o una perdita affettiva.

Alla fine del viaggio, la protagonista non è salva in senso tradizionale, ma è integra. Ha imparato a nominare le sue ferite, a non aver paura della propria complessità. E soprattutto ha fatto pace con la parte più autentica di sé: quella bambina che aveva paura, quella ragazza che si sentiva sbagliata, quella donna che finalmente può dire: “Ci sono. E vado bene così.”

Andata e ritorno di una ragazza pisana è dunque un viaggio psichico ed emotivo che tocca corde profonde. Un libro da leggere con lentezza, con il corpo e con il cuore. Perché, come diceva Jung, “chi guarda fuori sogna, chi guarda dentro si sveglia.”

Il corpo come narratore

Il ventre della protagonista – la sua “Pancia” – diventa personaggio, voce autonoma, testimone delle emozioni taciute. È molto più di un organo, è un interlocutore interiore, un’entità viva e pulsante che parla attraverso fitte, spasmi, tensioni. È la sede del trauma, della rabbia repressa, delle paure mai espresse, delle verità che non hanno trovato spazio nella parola ma che si sono impresse nella carne. Il corpo non è più solo contenitore di dolore: è messaggero, alleato, profeta.

Attraverso il dialogo con Pancia, la protagonista intraprende un vero e proprio viaggio psicoterapeutico in chiave narrativa. L’autrice esplora con lucidità il concetto di somatizzazione: quando la mente tace, il corpo grida. E non si tratta solo di una metafora. La narrazione mostra come i sintomi fisici siano lo sbocco naturale di emozioni non elaborate, pensieri censurati, esperienze negate. Le fitte allo stomaco diventano allora campanelli d’allarme, richiami al risveglio.

La voce di Pancia è dura, ruvida, spesso scomoda, ma anche salvifica. È la voce del corpo che si ribella al silenzio imposto, che impone ascolto, che rompe l’autocensura. E così, passo dopo passo, l’ascolto di sé si trasforma in atto rivoluzionario. Il corpo si fa guida, diventa il primo terapeuta: non attraverso la razionalità, ma grazie all’intuizione, all’istinto, alla memoria corporea.

In questo senso, il romanzo di Elisa Citti si muove anche su un piano profondamente psicologico: ogni parola non detta, ogni emozione negata si traduce in una tensione somatica che solo il coraggio di affrontare il proprio dolore può sciogliere. Il corpo, qui, è il vero protagonista occulto del cambiamento: attraverso il suo linguaggio, la protagonista rientra in contatto con la parte più autentica di sé, riscopre la sua voce e, finalmente, la libertà di usarla.

Traumi, simboli e trasformazioni

L’amore per Mario, migrante che porta con sé il carico di un altrove tragico e il miraggio di un futuro possibile, è forse l’illusione più grande della protagonista. Mario è lo specchio dell’altro da sé, ma anche il riflesso di un bisogno profondo: quello di essere vista, amata, scelta. In lui la giovane proietta speranze e desideri di riscatto affettivo, idealizzando un amore che dovrebbe salvarla da tutto ciò che le fa male. Ma quando lui scompare improvvisamente, lasciando solo un biglietto enigmatico, il fragile castello emotivo che aveva costruito crolla senza pietà. La protagonista precipita: nel buio, nel dolore, nell’abisso della solitudine. Eppure, è proprio in quella caduta che si annida il germe della rinascita.

Il ricovero in ospedale non è soltanto un evento della trama: è una morte simbolica, una discesa nell’inconscio, uno spazio liminale in cui la mente può finalmente spezzarsi per ricomporsi. È il punto zero della psiche, in cui ogni illusione si dissolve e la realtà si mostra nuda, cruda, ma anche incredibilmente feconda. La ragazza che si risveglia da quel coma emotivo non è più la stessa. Ha attraversato il deserto dell’anima, ha guardato in faccia i propri demoni interiori, ha dato nome alle sue paure, ha riconosciuto il dolore e non l’ha più negato. Ha scelto di credere. Di credere nella luce, nella propria voce, nella possibilità di costruire un mondo in cui sia finalmente lecito essere fragili, imperfetti, ma autentici.

Questa trasformazione si svolge su un piano profondamente psicologico. Il romanzo mette in scena con grande intensità il processo di elaborazione del trauma, passando per le sue fasi principali: la negazione, la rabbia, la frattura dell’io, il delirio come meccanismo di difesa, e infine l’accettazione. L’amore perduto si trasforma da ferita in comprensione, il dolore corporeo diventa alleato, la confusione mentale si schiarisce in un’intuizione più profonda del senso della propria esistenza. Non si tratta di un percorso lineare, ma di un ciclo di morte e rinascita, fatto di andate e ritorni, proprio come suggerisce il titolo del libro.

Una scrittura viva, viscerale

Il linguaggio del romanzo è uno dei suoi punti più alti. È una scrittura viva, viscerale, che pulsa, sanguina, respira. Fluido, a tratti poetico, a tratti spietato, il testo si muove con grande libertà tra prosa narrativa e frammenti lirici, oscillando tra diario interiore e romanzo simbolico, tra incubo psichico e incanto fiabesco. Le descrizioni sensoriali – odori, luci, suoni, sapori – avvolgono il lettore e lo trascinano in un’esperienza sinestetica che va ben oltre la semplice trama. È come se le emozioni si materializzassero in immagini, profumi, fremiti, e parlando attraverso i sensi arrivassero dritte alla pelle.

I simboli che popolano il mondo onirico della protagonista non sono semplici invenzioni fantastiche, ma archetipi profondamente radicati nell’inconscio collettivo. Le fatine, luminose e tondeggianti, sono emblemi di fiducia, accoglienza, amore incondizionato. Creature che non giudicano, non temono, ma accompagnano. I funghi parlanti, invece, incarnano l’altra faccia dell’anima: quella diffidente, chiusa, aggressiva. Sono la parte del mondo – e della psiche – che rifiuta il diverso, che reagisce al nuovo con sospetto, che attacca per difendersi.

Tra queste due forze, la protagonista cerca il suo equilibrio. È il delicato bilanciamento tra paura e fiducia, tra chiusura e apertura, tra passato e futuro. Il percorso che compie, prima nel delirio e poi nella realtà riconquistata, non è solo individuale, ma simbolico: racconta la possibilità – per chiunque abbia sofferto – di tornare a casa. Dentro di sé. Con nuove radici, più profonde. Con ali fragili, ma finalmente pronte a volare.

Un’opera che parla al cuore

Andata e ritorno di una ragazza pisana è un libro che non si dimentica. Non solo per la sua potenza narrativa e la qualità della scrittura, ma perché riesce, con una delicatezza quasi disarmante, a restituire dignità alla fragilità, senso al dolore, bellezza al disorientamento. È uno di quei romanzi rari in cui ogni pagina è al tempo stesso ferita e carezza, urlo e sussurro, caduta e rinascita. Un libro che si lascia leggere con gli occhi, ma si attraversa con la pelle, con il respiro, con il battito del cuore.

L’opera di Elisa Citti non consola con risposte facili, ma accompagna il lettore lungo i sentieri tortuosi della coscienza. È un romanzo che si legge come se si guardasse dentro uno specchio opaco, lentamente appannato dal tempo e dalla paura. Un libro che non ha paura di mostrare l’inquietudine, il disorientamento, le fratture interiori che spesso si nascondono dietro un sorriso educato o un silenzio strategico. Un libro che ci ricorda che non siamo soli nei nostri crolli, nelle nostre battaglie invisibili, nei nostri abissi senza nome.

Il cuore di questa storia batte all’unisono con chiunque abbia conosciuto la solitudine esistenziale, l’ansia del non sentirsi abbastanza, il desiderio struggente di appartenere e al contempo di liberarsi. Il cammino della protagonista – così anonima da poter essere ognuno di noi – è un viaggio archetipico, una discesa agli inferi dell’anima per poterne risalire con occhi nuovi. E per quanto la sua storia sia unica, personale, intima, è impossibile non riconoscersi, almeno per un attimo, in quella voce che cerca il suo posto nel mondo.

Il dolore, nella scrittura di Elisa Citti, non è mai sterile. È un dolore fertile, che genera immagini, domande, verità scomode. È un dolore che pulsa, che interroga, che guida. Ma è anche un dolore che sa trasformarsi, che si lascia attraversare senza diventare identità. È qui che risiede la forza emotiva del romanzo: nel saper restituire alla sofferenza una funzione trasformativa, nel mostrarla non come condanna, ma come passaggio. Come soglia. Come possibilità.

E poi c’è la luce. Una luce che non arriva con clamore, ma filtra piano, attraverso le crepe, le ferite, i respiri trattenuti. Una luce fatta di piccoli atti di fiducia, di gesti minimi, di parole sussurrate nel buio. Una luce che illumina senza accecare, che riscalda senza bruciare. È la luce della consapevolezza, dell’accettazione, del ritorno a sé.

Andata e ritorno di una ragazza pisana è, in definitiva, un’opera che parla al cuore perché non pretende di insegnare, ma si offre in ascolto. È un libro che ha il coraggio di mostrarsi vulnerabile, e proprio per questo riesce a entrare in profondità, a toccare corde dimenticate, a far nascere dentro chi legge un dialogo silenzioso, intimo, autentico.

Un’opera che non urla, ma resta. Come restano le cose vere.

Informazioni utili

Il romanzo è attualmente in campagna di lancio con l’editore Bookabook: se entro 3 mesi verranno acquistate 200 copie (tra e-book e cartaceo), sarà stampato e distribuito su scala nazionale. Chi lo preordina può leggere subito la bozza non editata scaricandola dal sito, mentre il volume finale verrà spedito dopo la fase di editing editoriale.

📘 Titolo: Andata e ritorno di una ragazza pisana
✍️ Autrice: Elisa Citti
📚 Editore: Bookabook
📅 Consegna del cartaceo: prevista per febbraio 2026
🔗 Link al preordine: https://bookabook.it/libro/andata-e-ritorno-di-una-ragazza-pisana
📽️ Book Trailer Ufficiale: https://www.youtube.com/watch?v=cmY29mygj9U
🎧 Canzone ispirata al romanzo: https://youtu.be/LEw1jM5_pic
📝 Recensione completa: https://www.illibro.org/andata-e-ritorno-di-una-ragazza-pisana-un-viaggio-poetico-tra-sogno-trauma-e-rinascita/

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