“Ho toccato il fondo, ma poi ho preso appunti” di Aiala J. Stramaglia

“Ho toccato il fondo, ma poi ho preso appunti” di Aiala J. Stramaglia

Guida pratica (e sincera) alla sopravvivenza emotiva di chi ha vissuto tutto troppo forte

Un libro che non offre ricette, ma riconoscimento. Non soluzioni perfette, ma carezze storte. Non ti impone di “guarire”, ma ti invita a respirare. A rimanere. A esserci. Anche quando sei a pezzi.

Il 2025 ci consegna un piccolo miracolo editoriale: Ho toccato il fondo, ma poi ho preso appunti, autopubblicato da Aiala J. Stramaglia, è un manuale di sopravvivenza emotiva per chi ha conosciuto il dolore da dentro. Per chi si è sentito, almeno una volta nella vita, troppo fragile per reggere il mondo, troppo sensibile per “funzionare” come gli altri, troppo pieno di pensieri per trovare pace.

È un testo che parla alla parte più vulnerabile dell’essere umano — quella che spesso nascondiamo sotto maschere sociali, perfezionismo, prestazioni forzate. Aiala scrive con l’urgenza di chi ha lottato davvero, ma con la dolcezza di chi ha imparato che la battaglia più importante è quella contro l’autodisprezzo e la solitudine emotiva.

Questo libro è, insieme:

  • un diario intimo che racconta senza filtri l’oscillazione tra depressione, diagnosi borderline, perdite affettive, burnout e risalite faticose;
  • un racconto di vita, ma non per autocelebrazione: piuttosto per dire al lettore “ci sono passata anch’io, e non sei sola/o”;
  • un taccuino terapeutico, fatto di esercizi semplici ma profondi, capaci di smuovere, sbloccare, fare spazio dentro.

L’approccio è dichiaratamente non clinico, ma profondamente psicologico nel senso umanistico del termine: Aiala offre empatia, accoglienza, legittimazione emotiva. Usa la scrittura come uno strumento catartico e relazionale, restituendo valore al vissuto soggettivo, là dove spesso la sofferenza psichica viene invalidata, minimizzata o derisa.

In un’epoca in cui la positività forzata diventa tossica e la vulnerabilità è vista come debolezza, questo libro ribalta il paradigma: riconosce l’ansia, la rabbia, il senso di colpa e l’odio verso sé stessi non come malattie da estirpare, ma come linguaggi del dolore. E nel farlo, apre la possibilità di una guarigione lenta, imperfetta, ma autentica.

Ho toccato il fondo, ma poi ho preso appunti non è un libro da leggere una volta sola. È una voce da ritrovare ogni volta che cadi, che tremi, che hai bisogno di qualcuno che non ti dica “devi reagire” ma “anche oggi ci sei. E questo conta.”


Chi è Aiala J. Stramaglia?

Italo-brasiliana, adottata a un mese di vita, Aiala J. Stramaglia non è semplicemente l’autrice di un libro: è una sopravvissuta, una narratrice autentica, una voce potente che nasce dal silenzio delle ferite non dette. La sua esistenza è un mosaico di traumi, tentativi, cadute e ripartenze — un concentrato di umanità vissuta con le ginocchia sbucciate e il cuore sempre in prima linea.

Dietro il suo tono ironico e disarmante si cela una storia complessa e dolorosa, segnata da esperienze che avrebbero potuto spezzare chiunque: il rifiuto iniziale della madre biologica, il ritrovamento improvviso di un padre sconosciuto e diciassette fratelli, la perdita devastante della madre adottiva a soli undici anni. Aiala cresce portando sulle spalle un senso di colpa infantile radicato nel cuore, convinta — nella logica distorta del trauma — di essere la causa del dolore altrui. Questo seme tossico germoglia in adolescenza sotto forma di depressione, autolesionismo, dipendenza affettiva e disistima cronica.

Eppure, invece di spegnersi, Aiala scrive. Vive. Viaggia. Ama. Sbaglia. Si laurea. Cade e si rialza. Va in Australia a cercare se stessa, ma trova canguri e solitudine. Raggiunge il Brasile per riconnettersi alle proprie radici, dove apre un ristorante insieme al padre adottivo — un atto di coraggio e rinascita, che però verrà travolto da pandemie, alluvioni e disastri ambientali. Un Titanic dopo l’altro. Ma sempre con il salvagente dell’ironia.

Nel frattempo, arriva anche l’amore. Un amore vero, imperfetto, sopravvissuto a gesti estremi come un termos o un microonde lanciati in preda a una crisi emotiva. Ed è proprio lì, sul fondo più buio, che arriva la diagnosi: disturbo borderline di personalità. Una frase che spaventa, ma che per Aiala rappresenta finalmente una cornice in cui incasellare anni di dolore senza nome.

Il ritorno in Italia segna una nuova fase. Più lenta, più consapevole, meno eroica. Ma più reale. Smette i farmaci con cautela, impara a convivere con le proprie fragilità senza negarle, e soprattutto, si sposa con l’uomo che ha avuto il coraggio di restare. Nonostante tutto.

Oggi Aiala è una voce fuori dal coro. Scrive per guarire, per testimoniare, per far sentire meno sole le persone che troppo spesso si credono “sbagliate”. La sua forza sta nel raccontare la vulnerabilità non come una colpa, ma come una risorsa. E lo fa con uno stile che mescola ironia tagliente, autoironia tenera e un realismo psicologico profondo, che parla alla parte più nascosta del lettore.

Aiala non ha la pretesa di essere un guru, né una terapeuta. Ma è, con certezza, una compagna di viaggio preziosa per chi ha bisogno di una voce vera in mezzo al rumore.


Diviso in sei macro-capitoli, Ho toccato il fondo, ma poi ho preso appunti è molto più di una raccolta di testi: è un percorso a tappe nella mente e nel cuore dell’autrice — e, inevitabilmente, anche in quelli del lettore. Ogni capitolo rappresenta una stazione emotiva in cui fermarsi, respirare e, talvolta, riprendere fiato. Il libro è costruito con la struttura di un viaggio interiore: tortuoso, sincero, pieno di deviazioni, ma sempre orientato verso una direzione di consapevolezza e cura.

Ogni sezione è un intreccio calibrato tra:

  • Racconti autobiografici intensi e taglienti, che mettono a nudo l’esperienza personale di Aiala con una crudezza disarmante, ma sempre funzionale alla condivisione e al riconoscimento emotivo. Le sue parole non giudicano, non insegnano: mostrano.
  • Riflessioni profonde ma accessibili, capaci di tradurre dinamiche psicologiche complesse — come il meccanismo del senso di colpa o la confusione identitaria — in immagini chiare e quotidiane. Una sorta di psicoeducazione empatica, lontana da ogni forma di paternalismo.
  • Esercizi pratici, ispirati a tecniche di auto-aiuto e pratiche terapeutiche come la scrittura espressiva, la visualizzazione, l’Ho’oponopono o il radicamento corporeo. Si tratta di piccole ancore emotive, rituali simbolici pensati per riattivare il dialogo con sé stessi quando la mente è troppo piena per parlare.
  • “Spazi gentili”, veri e propri fogli bianchi, metaforici e concreti, in cui il lettore può depositare senza giudizio pensieri, domande, rabbie, promesse. Uno spazio che non è “terapia”, ma si avvicina alla funzione terapeutica della parola, laddove scrivere diventa un atto di liberazione.

Un percorso tra le ferite invisibili e il bisogno di esistere

I macro-temi affrontati non sono solo argomenti da manuale, ma veri nodi psichici ed esistenziali, affrontati con lucidità e sensibilità.

Ansia e iperpensiero
Aiala descrive la mente ansiosa con la metafora di un frullatore notturno che non si spegne mai. È un’immagine perfetta della ruminazione mentale, una delle forme più pervasive dell’ansia moderna. Ma invece di offrire soluzioni magiche, l’autrice propone piccole strategie di coping, momenti di “auto-sfinimento gentile”, rituali di presenza che permettono di abbassare il volume senza sentirsi guasti.

Autodistruzione e autostima
La voce dell’odio verso sé stessi, per Aiala, è il dolore che ha cambiato nome. In questa sezione il libro diventa un manuale di sopravvivenza psichica per chi ha interiorizzato l’idea di essere sbagliato. Il tono è psicologicamente accurato: riconosce il core traumatico e l’autosvalutazione come sintomi di un bisogno d’amore negato. Ed è proprio in questo contesto che il libro sfodera la sua arma più potente: la compassione.

Diversità e identità
Essere “fuori posto” non è solo una sensazione, è spesso una condizione strutturale. Aiala parla della propria esperienza diasporica e intersezionale (italo-brasiliana, con pelle scura ma cresciuta nel Sud Italia, senza appartenere pienamente a nessuna delle due culture) per affrontare un tema spesso trascurato: il dolore dell’inclassificabilità. Eppure, in questo spaesamento, si nasconde anche la libertà. Psicologicamente, è un passaggio dal trauma dell’esclusione al potere dell’autodefinizione.

Colpa e perdono
Questa parte è forse la più commovente e intensa. Il senso di colpa, descritto come una prigione con le chiavi in tasca, viene scomposto nelle sue componenti infantili e irrazionali. Aiala racconta con straziante sincerità la convinzione di aver causato la morte della madre adottiva — un esempio potentissimo di come il trauma infantile possa generare credenze distorte che sopravvivono per decenni. Il libro non offre un perdono istantaneo, ma insegna a desensibilizzare il dolore, un nodo alla volta.

Relazioni tossiche e confini
L’amore non è una cura, e le persone non sono cerotti. In questa parte Aiala decostruisce i modelli affettivi disfunzionali interiorizzati da chi ha sofferto molto. Riconoscere i legami malati, imparare a mettere confini, capire che non sempre si può “salvare” chi amiamo: sono tutti elementi fondamentali nel processo di autonomia emotiva. E vengono trattati con onestà brutale, ma anche con una tenerezza che solo chi ha sofferto davvero può offrire.

Il tono: ironia e profondità

Ciò che rende Ho toccato il fondo, ma poi ho preso appunti un libro davvero unico nel panorama della saggistica emotiva non è solo ciò che racconta, ma come lo racconta. Il tono è uno degli elementi più preziosi dell’opera: mai patetico, mai predicatorio, mai consolatorio in modo forzato. È un tono profondamente umano, che riesce a stare in equilibrio tra la disperazione e la risata, tra il dolore e la voglia di riderci sopra — senza mai svilirne il peso.

Aiala scrive come parlerebbe a un’amica davanti a un caffè – o a una birra, se la giornata è stata particolarmente storta. Il suo linguaggio è diretto, vero, senza fronzoli, eppure capace di toccare corde profonde. Alterna con disinvoltura parolacce affettuose, aneddoti tragicomici, immagini poetiche e frammenti di psicoanalisi spicciola (ma efficace). Il risultato? Una narrazione che non spiega la sofferenza, ma la attraversa insieme al lettore.

Non c’è mai un tono “da guru”, né la pretesa di avere risposte. Al contrario, Aiala si espone in tutta la sua vulnerabilità, con quella “dolcezza cruda” che fa sentire accolti anche nei propri pensieri più scomodi. La sua voce è quella di chi ha provato davvero a farla finita, e poi, contro ogni previsione, ha trovato una ragione per restare. Ma lo racconta con ironia disarmante, come quando descrive il “kit anti-ansia invisibile”, il “cestino mentale” per svuotare la testa, o l’episodio — esilarante e doloroso insieme — del microonde lanciato in testa al futuro marito.

Ogni pagina è un atto di sincerità. Ma è una sincerità che non fa male, che non giudica. È la sincerità di chi sa che condividere significa, prima di tutto, non far sentire soli. Ed è proprio questo l’effetto più forte del libro: la sensazione che, finalmente, qualcuno stia parlando anche per te, con te, come te.


Perché leggerlo

Perché è uno specchio rotto in cui vedersi senza vergogna.
Perché è uno spazio dove anche le emozioni “brutte” sono ammesse, accolte, legittimate.
Perché offre strumenti semplici ma potenti per chi sta lottando ogni giorno con ansia, senso di colpa, identità in crisi.
Perché, in un’epoca che ci impone di “funzionare”, questo libro ci insegna a resistere anche da guasti, con dignità e ironia.
Perché è un rifugio narrativo, uno di quei libri che si leggono tenendo la matita in mano e il cuore spalancato.
Perché non ti dice di “pensare positivo”, ma di sopravvivere anche quando va tutto storto — e farlo va già benissimo così.


Un libro per chi…

  • …ha sentito il bisogno, anche solo per un istante, di non sentirsi pazzo.
  • …vuole cominciare un percorso di autoconsapevolezza, senza sentirsi fuori tempo o fuori luogo.
  • …ha sofferto in silenzio per troppo tempo e ora cerca parole che facciano luce, non rumore.
  • …è stanco delle frasi fatte, delle soluzioni preconfezionate, dei sorrisi plastificati. E cerca un linguaggio autentico, imperfetto, ma vero.

Questo libro non salva, non guarisce, non risolve. Ma accompagna, e questo — spesso — è già un miracolo.

Conclusione

Ho toccato il fondo, ma poi ho preso appunti è più di un libro: è un abbraccio sgrammaticato. Una guida di resilienza con le ginocchia sbucciate. È il diario di chi ce l’ha fatta per adesso – e questo basta. In un mondo che urla performance, Aiala ci ricorda che esistere è già un traguardo.

Disponibile su Amazon: Ho toccato il fondo, ma poi ho preso appunti.


Recensione di Davide Cipollini

Davide Cipollini, autore e scrittore, ha espresso il suo apprezzamento per il libro di Aiala J. Stramaglia, sottolineando la sincerità e l’autenticità della narrazione.

“Aiala scrive con il cuore in mano, senza filtri, offrendo al lettore una testimonianza potente e toccante. Il suo libro è un viaggio nell’anima, un invito a riconoscere e accettare le proprie fragilità come parte integrante dell’essere umano.”

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Grazie per aver votato!

3 thoughts on ““Ho toccato il fondo, ma poi ho preso appunti” di Aiala J. Stramaglia

  1. Ti ringrazio molto Davide per questa recensione approfondita e toccante, mi sono emozionata a leggerla. Ti ringrazio per il tuo tempo e le tue bellissime parole e per tutto quello che fai per noi scrittori emergenti .

    1. Grazie di cuore a te per queste parole così sentite. Sapere che la mia recensione ti ha emozionata è per me il riconoscimento più bello. Il mio obiettivo è proprio questo: dare voce e spazio a chi ha qualcosa di autentico da raccontare. Continuerò a farlo con passione, perché storie come la tua meritano di essere lette, comprese e condivise. Un abbraccio e… avanti tutta!

  2. Sono Grace , che posso dire d questo libro, il modo con cui è scritto. Oserei dire spiritoso, leggero anche se tratta di argomenti importantissimi. La cosa che mi ha stupito di più è tutta la sua sincerità, che so x certo, chi leggerà il libro l ho capirà e chi l ha già letto ha già capito. È un capolavoro che tutti dovrebbero leggere xche non esiste essere al mondo che non può medesimarsi almeno in un capitolo (a dire poco uno). Vorrei esprimere tante cose ma non so farlo a differenza della mia amata Jessica detta anche Aiala. Leggetelo l ho Consiglio a tutti soprattutto a gli adolescenti che oggi hanno bisogno di supporto e coraggio x affrontare un futuro dignitoso. Grazie Aiala x tutto ciò che fa x gli altri. Sei una donna speciale e unica. Spero di comprare un tuo prossimo capolavoro. Io aspetto!! 😘❤

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