Raccontando un condominio: viaggio tra vite comuni e drammi quotidiani

Raccontando un condominio: viaggio tra vite comuni e drammi quotidiani

Un microcosmo dell’umanità tra le mura di un palazzo. Questo è il cuore pulsante del libro Raccontando un condominio, firmato da Davide Pelanda, autore attento alle sfumature dell’animo umano, che con una scrittura vivace, ironica e profondamente empatica, offre al lettore uno spaccato autentico della vita condominiale italiana. Non si tratta solo di un semplice racconto realistico, ma di un mosaico di storie, uno specchio delle nostre comunità, delle nostre abitudini, delle nostre miserie e dei nostri piccoli atti di resistenza quotidiana.

Pelanda ci accompagna tra pianerottoli e citofoni, tra litigi e strette di mano, tra l’odore delle cucine etniche e il chiacchiericcio curioso della vicina di casa. I muri del palazzo non sono solo confini fisici: sono confini culturali, generazionali, sociali, ma anche luoghi di passaggio, di contatto e di scontro. Il lettore è condotto dentro queste pareti vive e rumorose, dove ogni appartamento custodisce una vicenda, ogni corridoio una memoria, ogni portone una soglia da attraversare con rispetto e curiosità.


L’ambientazione: Villaggio Sant’Agostino, tra passato e presente

Il palcoscenico di questo romanzo corale è il Villaggio Sant’Agostino, un quartiere di periferia che si trasforma nel tempo, diventando metafora di una società in continuo mutamento. Un tempo enclave operaia e popolare, animata da famiglie provenienti dal Sud Italia in cerca di un futuro migliore nel Nord industriale, oggi accoglie nuove ondate migratorie, in particolare dalla Romania, delineando un’ulteriore stratificazione culturale e sociale.

La penna di Pelanda, precisa e affettuosa, osserva con attenzione i cambiamenti urbanistici, il disfacimento del tessuto produttivo, la chiusura delle fabbriche, la perdita di riferimenti comunitari, ma anche la capacità di resilienza degli abitanti. Un tempo era il quartiere delle “Gescal”, delle cooperative, delle assemblee sindacali, dei giochi in cortile; oggi è un luogo di coabitazione spesso difficile, ma anche di sorprendenti momenti di solidarietà, di speranza e di umanità condivisa.

Il protagonista simbolico di questa trasformazione è Vasile Timiu, immigrato rumeno che da portinaio diventa consigliere comunale, rappresentante della nuova cittadinanza europea. È attraverso i suoi occhi – onesti, sensibili, mai giudicanti – che entriamo nel cuore del condominio e ne esploriamo i drammi, i contrasti, le storie di vita.


Il condominio: crocevia di umanità, campo di battaglia e rifugio

Il condominio del Villaggio Sant’Agostino è molto più di uno stabile. È un teatro sociale, una sorta di esperimento antropologico in cui si riflettono le contraddizioni e le potenzialità della convivenza contemporanea. Qui si sfidano generazioni diverse, identità culturali eterogenee, storie personali complesse: c’è la signorina Benvenuto, vedetta morale e impicciona, il rockettaro Gianni Frezzi con il suo look estremo e il cuore d’oro, la famiglia dell’imam marocchino alle prese con la rigidità del regolamento condominiale, e ancora anziani in difficoltà economiche, giovani immigrati pieni di sogni, donne sole, ragazzini rumorosi.

Ogni storia è un tassello di un affresco ampio e dettagliato. L’ironia sottile dell’autore non cancella la gravità delle situazioni, ma le rende più umane, più accessibili, più vere. Come nel caso dell’anziana signora trovata morta in casa dopo anni, nell’indifferenza generale. O l’episodio doloroso dell’aggressione omofoba alla signora Concetta, colpita dall’intolleranza di un vicino. O ancora le piccole truffe, i dispetti tra vicini, la disperazione economica che porta perfino a manomettere i contatori dell’acqua.

Eppure, accanto a queste ombre, ci sono anche luci: il quartiere si stringe attorno a Jack, il cane randagio maltrattato e poi adottato da tutti; l’amicizia tra anziani e bambini si rinnova nel cortile; la memoria storica del quartiere viene tramandata tra chi è arrivato negli anni Sessanta e chi è arrivato dopo il Duemila. Pelanda, con la delicatezza che lo contraddistingue, riesce a dare dignità a ogni esistenza, a ogni dialogo, a ogni risata e a ogni lacrima.


Uno specchio dell’Italia di oggi

In fondo, Raccontando un condominio non parla solo di un palazzo. Parla di noi. Delle nostre difficoltà a comunicare, dei nostri pregiudizi, delle paure dell’altro, ma anche del nostro bisogno profondo di appartenere a una comunità. È un libro che fa ridere e riflettere, che commuove e indigna, che invita a guardare con occhi diversi il vicino che incontriamo in ascensore.

È una cronaca romanzata, ma non romanzesca, di un’Italia spesso dimenticata dai media: quella delle periferie, dei piccoli gesti quotidiani, della convivenza difficile ma possibile. Con un linguaggio accessibile, teatrale, dinamico, e una struttura che alterna narrazione e dialogo in modo vivace, Pelanda dimostra di avere la capacità rara di trasformare l’ordinario in straordinario, la cronaca in letteratura.


Personaggi indimenticabili

Il racconto è corale, ma alcune figure emergono con forza e intensità, rimanendo impresse nella memoria del lettore come presenze vive e familiari. Ogni personaggio porta con sé una storia che si intreccia con le altre, creando un universo affollato, variegato, contraddittorio ma straordinariamente umano.

Il vero fil rouge dell’intera narrazione è il signor Vasile Timiu, immigrato rumeno trapiantato in Italia e divenuto portinaio del condominio. Ma Vasile è molto più di una figura di servizio: è osservatore attento, punto di riferimento silenzioso, mediatore, custode di segreti e tensioni. Attraverso il suo sguardo – a tratti ingenuo, spesso empatico, sempre lucido – il lettore viene introdotto alle dinamiche complesse del microcosmo condominiale. La sua parabola, da lavoratore immigrato a consigliere comunale, simboleggia un’integrazione possibile, faticosa ma reale, fatta non di grandi discorsi ma di ascolto, disponibilità, tenacia e capacità di costruire ponti tra mondi diversi. La sua pacatezza, il suo modo posato di affrontare anche le situazioni più delicate, lo rendono una figura di riferimento tanto per gli inquilini quanto per il lettore.

Accanto a lui si muove la signora Benvenuto, forse il personaggio più iconico e spassoso del libro: una sorta di vedetta morale del condominio, sempre attenta a tutto ciò che accade, pronta a commentare, giudicare, ipotizzare. Dietro la sua maschera da “impicciona” si nasconde però una donna sola, bisognosa di attenzione, affettuosamente comica nei suoi tentativi di mantenere un controllo che in realtà le sfugge. È la voce della tradizione, della “vecchia scuola”, dei tempi in cui “si sapeva tutto di tutti” – e lei continua, imperterrita, a provarci. La sua presenza ricorda a tutti quanto sia facile, a volte, giudicare senza comprendere, ma anche quanto valore possa avere chi custodisce la memoria di un luogo.

E come dimenticare Gianni Frezzi, il rockettaro dai lunghi capelli, frontman del gruppo “FilidiAcciaio”, personaggio che colpisce per il contrasto tra l’aspetto esteriore aggressivo e la sua vera indole: un uomo gentile, rispettoso, discreto. Gianni, che potrebbe facilmente essere vittima di pregiudizi (e in parte lo è), rappresenta la libertà d’espressione, la passione artistica che non si piega al conformismo, ma anche il valore della convivenza civile. Nonostante il suo stile alternativo, non crea mai problemi e rispetta sempre le regole: un esempio silenzioso di come non sia l’apparenza a definire l’anima delle persone.

E poi c’è Jack, il cane randagio che da animale dimenticato e maltrattato diventa simbolo di rinascita collettiva. Soccorso dopo un’aggressione brutale, curato dal veterinario del condominio e infine adottato dal quartiere intero, Jack è una figura quasi totemica: incarna l’idea di comunità, di riscatto, di un’umanità che, nonostante tutto, riesce ancora a unirsi attorno a un bisogno condiviso. La sua storia, tenera e struggente, è uno dei passaggi più emozionanti del libro.

Accanto a questi protagonisti principali, troviamo una costellazione di personaggi secondari che danno spessore e ritmo alla narrazione: il ragionier Filippetti, amministratore paziente e inflessibile, figura di confine tra ordine e caos; Mohammed Hassan, l’imam marocchino, padre attento e custode delle proprie radici culturali, che si confronta quotidianamente con regole spesso poco inclusive; i coniugi Ciamporello, anziani alle prese con la povertà e l’umiliazione, ma anche con il bisogno di essere compresi più che giudicati.

E poi ancora, la signora Concetta Camissa, vittima di un’aggressione omofoba che squarcia il velo di ipocrisia di una comunità che si professa aperta ma ancora troppo spesso è attraversata da pregiudizi; Luigi Sofia, il seduttore manipolatore, personaggio ambiguo e rappresentativo di una furbizia tutta italiana che si muove tra leggi non dette e moralità flessibili.

Ogni volto, ogni voce, ogni destino contribuisce a costruire la coralità di questo straordinario racconto di vita. Un’umanità imperfetta, ma vera, che si scontra e si abbraccia, che si urla e si consola, che si nasconde dietro le porte chiuse ma che, pagina dopo pagina, viene messa a nudo con compassione e intelligenza narrativa.


Un affresco di temi sociali attualissimi

Tra le righe, Pelanda affronta con naturalezza e profondità temi cruciali come:

  • Il razzismo e l’omofobia, espressi in episodi violenti e discriminatori che esplodono all’interno del condominio;
  • La povertà e la morosità, che si fanno emergenza sociale in un’Italia scossa dal carovita;
  • La solitudine degli anziani, toccata con delicatezza e realismo, come nella vicenda struggente della signora Simonetta;
  • La crisi educativa e il trauma della DAD, raccontati con ironia e malinconia attraverso il punto di vista di professori scolastici residenti nel palazzo.

Il condominio diventa così un laboratorio umano e civile, specchio dell’Italia contemporanea e delle sue contraddizioni.


Stile e struttura narrativa

Pelanda sceglie una scrittura fluida, incalzante, talvolta giornalistica, ma capace di accendersi in lampi poetici e ironici. La narrazione è divisa in capitoli brevi, quasi episodi a sé stanti, ma legati da una trama di relazioni e tematiche condivise. L’uso di dialoghi vividi e realistici contribuisce a rendere ogni scena credibile e immersiva.

Non c’è un vero e proprio protagonista, ma una moltitudine di voci che compongono un’unica, grande voce collettiva: quella della comunità.


Conclusione: un romanzo sociale che emoziona e fa riflettere

Raccontando un condominio è un libro che si legge tutto d’un fiato, ma che lascia dentro molte domande. Cosa vuol dire davvero vivere insieme? Come affrontare le differenze culturali e generazionali? Come si può ricostruire una comunità che si è smarrita?

Pelanda non offre risposte facili, ma ci invita a guardare con occhi nuovi le persone che abitano accanto a noi. Perché, come ricorda il sindaco durante il funerale della signora Simonetta, “è necessario prendersi cura gli uni degli altri, come si fa in famiglia”.

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