
“Volevo solo fare il carabiniere” di Massimiliano Rebeschini: il coraggio di raccontare la verità dietro una divisa
“Volevo solo fare il carabiniere” è molto più di un semplice memoir: è un viaggio emotivo, umano e professionale che scava a fondo nell’anima di chi ha indossato una divisa per oltre trent’anni, credendo fermamente in ideali di giustizia, onore e servizio.
Massimiliano Rebeschini racconta la sua vita nell’Arma dei Carabinieri con una sincerità e una lucidità rare, offrendo una testimonianza intensa, autentica e a tratti struggente. Il suo racconto, doloroso e profondo, intreccia memorie personali, esperienze operative, amicizie, battaglie quotidiane e, purtroppo, anche delusioni cocenti e amare riflessioni esistenziali.
Non si tratta soltanto della cronaca di una carriera, ma di una vera e propria esplorazione del rapporto tra individuo e istituzione, tra sogno e realtá, tra l’entusiasmo della giovinezza e l’amarezza della disillusione.
Struttura e contenuto del libro:
Il volume si articola in due ampie e distinte sezioni, ciascuna specchio di una fase precisa della vita dell’autore.
Nella prima parte, Rebeschini racconta la sua crescita personale e professionale: dall’infanzia trascorsa a Marghera, alle prime ispirazioni che lo portano a scegliere la strada dell’Arma. Seguiamo l’autore attraverso il suo arruolamento nel 1991, l’esperienza iniziale a Loreo e poi il trasferimento a Milano presso il 3° Battaglione Mobile. Con grande attenzione ai dettagli, descrive il lavoro quotidiano nei radiomobili, la formazione costante, i corsi di aggiornamento, gli interventi operativi e la complessa gestione della vita militare in un ambiente spesso impegnativo, ma ancora animato da valori condivisi e da spirito di servizio.
La seconda parte del libro cambia tono e profondità: qui si addensano le ombre di un sistema interno segnato da dinamiche malsane, relazioni tossiche e ingiustizie che minano lentamente ma inesorabilmente l’integrità professionale e personale dell’autore. Rebeschini racconta con grande coraggio il lento deterioramento del clima lavorativo, il dolore di sentirsi tradito dai propri ideali, e il dramma della perdita di una divisa che era diventata parte stessa della sua identità.
Il racconto si trasforma così in una testimonianza universale sulla fragilità dei sogni infranti, sulla resilienza necessaria per ricostruirsi dopo una caduta, e sull’importanza di non rinnegare mai i propri valori, anche di fronte alle peggiori amarezze.
I temi principali
La vocazione e il sacrificio:
Per Massimiliano Rebeschini, il mestiere di carabiniere non è mai stato soltanto un lavoro: è stato una vera e propria missione di vita, abbracciata con la purezza e l’entusiasmo di chi crede nei valori più profondi della giustizia e del servizio al prossimo. La sua vocazione emerge come una scelta interiore, una spinta etica e morale che ha modellato ogni suo gesto, ogni sua decisione. Il sacrificio personale – in termini di tempo, affetti, energie fisiche e mentali – è narrato non come un peso, ma come una naturale conseguenza del desiderio di servire qualcosa di più grande di sé. Psicologicamente, la vocazione rappresenta per Rebeschini il fulcro della propria identità: è il suo “centro di gravità permanente”, attorno a cui ruotano la vita personale e professionale, fino a diventare inscindibili.
La tossicità delle relazioni gerarchiche:
Con una lucidità spietata, Rebeschini descrive l’evoluzione malsana degli ambienti gerarchici, laddove il potere viene esercitato in modo distorto, alimentando dinamiche di controllo, manipolazione, sopraffazione. Il libro evidenzia come la gerarchia, se priva di equilibrio e di intelligenza emotiva, possa degenerare in relazioni tossiche che annientano la persona, svuotandola di autostima e motivazione. A livello psicologico, l’autore mostra i segni tipici del trauma relazionale: l’isolamento, il senso di impotenza, la crescente perdita di fiducia nei confronti dell’istituzione e di sé stesso. Le dinamiche di mobbing e svalutazione, perpetrate nel tempo, si trasformano in veri e propri microtraumi che scavano solchi profondi nell’identità personale.
La perdita dell’identità professionale:
Indossare una divisa significa non solo appartenere a un corpo, ma incarnare valori, doveri, responsabilità. Rebeschini racconta con dolore il processo attraverso cui, a causa di vessazioni e ingiustizie, quella divisa gli viene strappata di dosso. Psicologicamente, la perdita dell’identità professionale si configura come un vero e proprio lutto: non si perde solo il lavoro, ma anche il senso di sé, la narrazione personale che per anni ha dato significato all’esistenza. È un crollo dell’autostima e dell’immagine interna: l’autore si trova costretto a ripensarsi, a ridefinirsi, a ricostruire dalle macerie un nuovo progetto di vita.
Il contrasto tra ideali e realtà:
Il giovane Rebeschini entra nell’Arma animato da ideali limpidi: giustizia, onore, protezione dei più deboli. Ma questi ideali si scontrano ben presto con una realtà fatta di favoritismi, carriere facilitate da conoscenze, raccomandazioni che ignorano meriti e sacrifici. Il trauma psicologico non nasce solo dalle ingiustizie subite, ma anche dal tradimento degli ideali: è una frattura interiore tra il “mondo come dovrebbe essere” e il “mondo come è”. Questo scollamento produce dolore, disillusione, senso di tradimento, e porta l’autore a una profonda crisi di valori che mette in discussione tutto ciò in cui aveva creduto.
La resilienza e il nuovo inizio:
Nonostante il dolore, la rabbia, la delusione, Massimiliano Rebeschini non si lascia spezzare. Il libro diventa anche il racconto di una rinascita. Attraverso un doloroso percorso di elaborazione del trauma, l’autore riesce a ricostruire una nuova identità, più consapevole, più forte, ma anche più libera. La resilienza che emerge dalle sue pagine è autentica: non è una banale capacità di “andare avanti”, ma un vero lavoro interiore di accettazione, trasformazione e riscoperta del proprio valore, indipendentemente da qualsiasi divisa o riconoscimento esterno. A livello psicologico, il percorso di Rebeschini è un esempio straordinario di come, anche dalle macerie più dolorose, sia possibile ricostruire una vita piena di dignità e significato.
Contesto autobiografico e sociale: Rebeschini incarna la parabola di tanti giovani italiani che, mossi da entusiasmo e valori, si arruolano nelle forze dell’ordine per servire lo Stato. Il suo racconto evidenzia come il sogno del servizio possa spezzarsi di fronte a realtà interne non sempre limpide. La sua storia personale diventa così anche una denuncia sociale, un atto di amore verso l’Arma dei Carabinieri e, insieme, un richiamo alla necessità di proteggere la dignità dei singoli all’interno delle istituzioni.
Lo stile narrativo: La prosa di Rebeschini è semplice, immediata, ma ricca di emozioni. Alterna descrizioni vivide della vita di caserma a riflessioni profonde sull’animo umano e sulle dinamiche relazionali. Le pagine scorrono veloci, coinvolgendo il lettore in un crescendo emotivo che culmina in un finale amaro ma pieno di speranza.
Prefazione: La prefazione firmata da Massimiliano Salce è un saggio a sé stante, che analizza le dinamiche delle relazioni tossiche negli ambienti gerarchici e offre una chiave di lettura fondamentale per comprendere a fondo l’opera.
Conclusioni: “Volevo solo fare il carabiniere” è un libro che tocca il cuore e fa riflettere. Una lettura indispensabile non solo per chi veste o ha vestito una divisa, ma per chiunque creda nella giustizia, nella dignità umana e nel valore delle istituzioni.
Dove acquistare il libro
Il libro è disponibile su Amazon al seguente link:
👉 Acquista “Volevo solo fare il carabiniere” su Amazon
Recensione di Davide Cipollini
“Massimiliano Rebeschini firma una testimonianza autentica, intensa e coraggiosa. Volevo solo fare il carabiniere non è soltanto il racconto di un sogno spezzato, ma è la testimonianza viva di un’identità che lotta per sopravvivere anche quando tutto sembra crollare.
Leggendo il suo libro, ho avvertito una vicinanza profonda: chi, come me, ha dedicato trent’anni della propria vita a un lavoro simile, fatto di disciplina, sacrificio, fedeltà ai valori più alti, non può che riconoscersi nel suo dolore e nella sua resilienza.”
Rebeschini riesce a raccontare senza filtri il lento sgretolarsi di una vocazione, travolta non dagli errori personali, ma dalle dinamiche tossiche di certi ambienti gerarchici, dove il potere si distorce, l’empatia scompare e la dignità dell’uomo viene calpestata.
Psicologicamente, il libro è un viaggio nelle profondità dell’anima di chi si vede portare via, giorno dopo giorno, non solo una carriera, ma la propria stessa identità. È come assistere a un naufragio interiore, in cui ogni colpo subito mina le fondamenta dell’autostima, della fiducia, della motivazione.
Eppure, ciò che più colpisce — e commuove — è che Rebeschini non cede mai all’odio cieco. Pur denunciando con forza le ingiustizie, conserva uno sguardo umano, rispettoso verso l’Arma e verso quei valori che lo avevano spinto ad arruolarsi.
La sua non è una rabbia distruttiva: è dolore che si fa consapevolezza, è delusione che si fa testimonianza. Questo aspetto psicologico, questa capacità di trasformare la sofferenza in narrazione lucida e dignitosa, è ciò che rende il suo libro un esempio raro e prezioso.
Personalmente, posso dire che poche letture mi hanno toccato così da vicino.
Ho riconosciuto, tra le sue righe, il peso delle notti insonni, delle responsabilità non comprese, delle amarezze taciute.
Ma ho visto anche, pagina dopo pagina, il coraggio silenzioso di chi, pur ferito, sceglie di non rinnegare se stesso.
Di chi, pur avendo perso tutto, riesce a risollevarsi con una nuova forza interiore.
Volevo solo fare il carabiniere è un libro che emoziona, scuote, invita a guardarsi dentro e a riflettere profondamente sul senso del dovere, sull’identità personale e sulla necessità di proteggere la propria dignità contro ogni ingiustizia.
Un libro che chiunque abbia amato il proprio lavoro, e abbia creduto nei valori più puri, dovrebbe leggere almeno una volta nella vita.”
— Davide Cipollini